Voi non conoscete l’orrore.
Quello vero, intendo. Lo avete intravisto, probabilmente, in qualche immagine
di guerra, o in qualche drammatico episodio della vostra esistenza; forse lo
avete colto in voi, l’orrore, o nei mali di questa società senza memoria. Vi è
passato accanto sussurrando qualcosa nell’orecchio, per poi dileguarsi davanti
a un sorriso, a un abbraccio fraterno, a una frase pregna di speranza. E in voi
non è rimasto che un ricordo sbiadito e trascurabile del vostro incontro con
l’orrore. Chi, come me, ha conosciuto invece il vero orrore, sa cogliere e
distinguere la sua presenza imperscrutabile, e quella voce senza tempo. Un
riverbero silenzioso, un urlo soffocato dalle molteplici necessità
dell’esistenza; prima fra tutte, quella di sopravvivere. Questo grido
straziante confonde il passato col presente, corrode il futuro, trasforma il
più insignificante dei secondi in eternità, e la più illusoria delle eternità
in un unico, crudele secondo. Perché l’orrore, cercate di capire, non è
un’immagine estetica da osservare e nulla più; né si limita ad albergare fra le
pagine dei libri, o in qualche fotogramma. Il vero orrore, quello che io ho
conosciuto nel lager, invadeva tutti i sensi umani, come un morbo pernicioso:
costringeva lo sguardo a posarsi sui corpi scheletrici degli uomini e delle
donne, morti ancor prima di esalare l’ultimo respiro. S’insinuava nelle narici
sottoforma di fetore, sprigionato dalle carni decomposte dei morti, compatiti e
invidiati da tutti noi. Si lasciava udire dalle nostre orecchie, diveniva un
flebile grido che partiva dal cuore e moriva sulle labbra, reclamando libertà.
E si toccava e si lasciava toccare, il vero orrore, corpo solido e raggelante
come la canna di una pistola puntata dritto sulla tua nuca, pronta a espellere
tutta la follia di un intero popolo, raccolta e compressa in un proiettile di
piombo. Aveva un sapore, il vero orrore: il sapore dell’acqua putrida, e del
cibo avariato che si era costretti a mandar giù, di tanto in tanto, per
ritardare il proprio incontro con la morte, mai così temuta, mai così agognata.
Questo, e molto di più, è il vero orrore.
Tratto da "Hitler era innocente" di A. Moscatelli
Tratto da "Hitler era innocente" di A. Moscatelli
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