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lunedì 4 gennaio 2016

SEREL


È cattiva Serel? Vorrei vedere voi al suo posto! Si è trovata in casa con uno sconosciuto che, per di più, è il clone perfetto di suo marito ed è corsa ai ripari. Voi, cosa avreste fatto?
         


- Apri gli occhi, ora. - Disse Serel.
Apro gli occhi e vedo, con mia grande “sorpresa”, che mi punta contro un’arma.
- Cos’è, uno scherzo?
Dal modo in cui mi guardava, capivo che non lo era.
- E’ impostato per uccidere - disse riferendosi al comunicatore e c’era da crederci - tu non sei Filruo. Chi sei, un agente della Sicurezza?
- Che cosa te lo fa pensare?
- Filruo... dov’è?
- Ti posso assicurare che non gli sarà fatto alcun male.
- Siete degli stupidi, come avete potuto pensare che non me ne sarei accorta?
- Dovevo restare nei panni di Filruo solo il tempo strettamente necessario, inoltre la malattia, con le sue complicazioni, anche a livello mentale, ci avrebbero creato il supporto necessario al buon esito dell’operazione.
- Cosa volete da noi?
- Filruo aveva rivelato agli Umani alcune conoscenze di tecnologia ...
- So di che si tratta, ha le sue convinzioni in proposito. In fondo gli ordini erano di collaborare con gli Umani allo scopo di acquisire conoscenze utili alla nostra sopravvivenza.
- Tuttavia, c’era un segreto da mantenere.
- In questo caso, tutto si riduce a un’inutile farsa! Filruo diceva che per sconfiggere la Cosa, ci serve tutto l’aiuto che gli Umani ci possono dare. Solo in un clima di sincera collaborazione possiamo sperare di giungere a dei risultati.
- Non posso dargli torto e forse non è l’unico a pensarla in questo modo.
- Cosa vuoi dire?
- Immagino che qui, a bordo, la Sicurezza sia molto efficiente e abbia occhi e orecchie dappertutto.
- Quindi, non sei un agente?
- No, non lo sono. Ma ho il presentimento che sarà meglio andar via da qui, al più presto. Ho il sospetto che la Sicurezza sia già al corrente di molte cose.
- Andare? E dove? Non capisco!
- Vuoi rivedere tuo marito? Allora fidati di me!
- Non ti muovere. Non mi hai ancora detto chi sei, in fondo, potrei ancora chiamare le guardie e consegnarti a loro.
Protese quell’arma, allo stesso modo con cui uno scorpione spinge in avanti la coda mettendo ben in evidenza l’aculeo. Dovevo stare attento, la mia vita poteva dipendere dalle mie prossime parole.
 
 
La situazione, in seguito migliorerà e i rapporti tra i due non saranno più tanto tesi. Anzi…
 


- Ah! Serel, sei una cuoca meravigliosa: l'insalata era superba e la bistecca era perfetta.
Serel aveva appena toccato il cibo. Sorrise.
- Mi hanno insegnato bene. Tra la mia gente, alle femmine s’insegna, fin dall'infanzia, tutto quel che può piacere a un uomo. Tutto.
Risi nervosamente: lei, dava tutto per scontato.
Serel sollevava le sopracciglia quando rideva. Erano affascinanti, quasi a forma di parentesi. Una sottile linea nera saliva dalla radice del naso, si piegava ad angolo retto, s’incurvava lievemente sopra le orbite e poi formava una specie di piccolissimo uncino alle estremità. La forma delle sopracciglia era una caratteristica della sua razza. La sua risata era sommessa, musicale. Quando pensavo a come potesse finire quella serata, il mio spirito vacillava. Tornavo di buon umore grazie a qualche sua frase divertente. Pareva fosse in grado di prevedere con esattezza ciò che mi occorreva per vincere un momento d’incertezza o per rendere ancor più allegro un momento di felicità.
Mi alzai per andare in cucina. Mentre passavo accanto a lei, le passai impulsivamente le dita tra i folti capelli lisci e neri.
Lei alzò il viso e chiuse gli occhi, come se aspettasse di essere baciata. Ma, inspiegabilmente, non riuscii a baciarla. Lei lo desiderava, ma non si sentiva capace di fare la prima mossa.
- Ora bisognerà lavare i piatti. - Dissi.
Anche se rimase delusa, non lo dimostrò. Cominciò subito a sparecchiare.
Stare accanto a lei era meraviglioso, ma quella donna mi complicava la vita.
Serel era dritta davanti a me, le mani sui fianchi, gli occhi splendenti.
- Potremmo bere qualcosa e... concludere così questa bella serata.
Mi diressi verso il piccolo mobile dei liquori.
Lei venne accanto a me. Sentii la dolce pressione delle sue labbra, mentre il suo corpo aderiva al mio. La strinsi tra le mie braccia, per un lungo bacio, poi staccai le labbra.
La presi per mano e la condussi in camera. Lei mi fece sedere sul letto poi, dolcemente, con le mani, premette sulle mie spalle finché non mi sdraiai. Mi tolse le scarpe. Non mi opposi. Mi sollevò la blusa, mi aiutò a toglierla poi mi accarezzò i capelli.
La tirai su di me, la baciai con passione e sussurrando le parole che gli amanti si sono sempre detti, ci unimmo tenendoci stretti in un lungo abbraccio.
Quando mi svegliai, sentii scorrere l'acqua della doccia. Scesi dal letto, l'acqua smise di scorrere. Serel uscì dal bagno. Si stava asciugando i capelli con un grande asciugamano ed era nuda.
- Buon giorno - disse, senza dare molto peso alla propria nudità.
Le restituii il saluto con un filo di voce. Mi resi conto della mia insicurezza ma, nello stesso tempo, mi sentivo vagamente perverso. Il cuore mi batteva, il respiro si faceva più pesante e calde dita fluide sembravano insinuarsi, deliziosamente, nel basso ventre.
Serel ricomparve, vestita di un abito verde. Portava i capelli neri raccolti sul capo, a crocchia. Mi baciò e chiese se volevo venire in cucina, mentre lei preparava la colazione. Risposi che andava bene.


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