Il 27 giugno del 1980, il volo
IH-870 della società ITAVIA parte da Bologna alle ore 20:08, con due ore di
ritardo sull’orario previsto. Una volta salito in quota ed al di sopra della
Toscana, secondo la ricostruzione fatta dai periti in base ai tracciati radar
di Roma Ciampino, la traccia radar del DC-9 appare spuria, ossia sovrapposta a
quella di un altro aeromobile (o forse due, secondo “la Stampa” del 19 giugno
1997) viaggiante nelle
immediate vicinanze del jet civile; in altre parole, come se qualcosa volasse
di conserva - ossia si fosse disposto poco sopra, sotto o in coda - con detto
cargo allo scopo (almeno secondo la versione ufficiale) di occultare la propria
presenza confondendosi nel cono d’ombra radar del DC-9. Intanto, quest’ultimo
procede lungo l’aerovia civile denominata Upper Ambra 13 alfa, senza potersi
rendere conto di una tale presenza “estranea”.
Nel frattempo, un aereo Awacs (un
velivolo USA dotato di un sofisticato e potente radar sul dorso in grado di
guidare altri aerei militari), ha sotto controllo una missione i cui scopi sono
tutt’oggi rimasti top-secret e, a questo scopo, sorvola in circolo l’Appennino
Tosco-Emiliano (fonte: “Corriere della Sera” del 1° settembre
1999).
Ritornando a descrivere il nostro
scenario, tra Roma Ciampino e Ponza, quattro velivoli di nazionalità
sconosciuta volano parallelamente, poco arretrati, e disposti due a destra e
due a sinistra del DC-9 Itavia, quasi lo “scortassero”. Avevano il compito di
sorvegliare il suo “compagno fantasma” (si è poi stabilito che i “compagni
fantasma” fossero due), ma lo scopo per cui i quattro velivoli volavano in quel
modo non è chiaro: volevano scortare questi “accompagnatori” o costringerli ad
abbandonare la loro posizione?
Alcune serie di plots (tracce
radar), attribuite alla presenza di altri caccia militari, danno l’impressione
che questi emergano improvvisamente dalla superficie marina in un tratto di
mare a nord di Olbia, ossia in uno specchio d'acqua antistante la Corsica, dove
poi, successivamente, fanno ritorno (fonte: “la Repubblica” del
11 dicembre 1997). Ciò
potrebbe essere spiegato sia con il fatto che, inizialmente, tali velivoli
militari volassero a quote molto basse per non essere intercettati dai radar, sia
con la presenza di una o più navi portaerei nelle acque del Mediterraneo.
Per quanto riguarda la portaerei
francese Clemenceau, le autorità d’oltralpe, senza mai esibire alcuna documentazione
(che comunque sarebbe stato possibile falsificare, come è stato rilevato nel
caso della Saratoga), dichiararono semplicemente che era rientrata nel porto di
Tolone all’alba del 27 giugno (“il Messaggero” del 20 giugno 1997).
Sempre a quest’ultimo proposito, il
13 novembre 1998 il generale Mario Arpino, convocato dal giudice Rosario Priore,
dichiara che una portaerei nel Mediterraneo occidentale c’era, ma era inglese (“Corriere della Sera” del
1°settembre 1999).
L'inchiesta di una tv francese smentisce la difesa delle autorità secondo cui "nessuna portaerei
francese era in mare il giorno della tragedia": è la risposta data nel
2007 quando Francesco Cossiga, Presidente del Consiglio in carica al momento
dei fatti, affermò che era stata Parigi responsabile dell'abbattimento del Dc9,
ribadendo poi le sue dichiarazioni davanti agli inquirenti. Cossiga aveva
parlato della presenza della portaerei "Clemenceau" nel Mediterraneo,
subito negata dalle autorità francesi. La svolta arriva dagli autori del
programma che confermano l'ipotesi, rivelando che si trattava, però, della
portaerei "Foch", come risulta da documenti inediti che certificano
l'attività della nave il 27 giugno 1980.
L'inchiesta di una tv francese smentisce la difesa delle autorità secondo cui "nessuna portaerei francese era in mare il giorno della tragedia". In realtà, una portaerei c'era, ma non era la Clemenceau bensì la "Foch" come risulta da documenti inediti che certificano l'attività della nave il 27 giugno 1980.
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