Bernard Heuvelmans (Le Havre 1916 - Parigi 2001), divenuto dottore in zoologia presso la Libera Università di Bruxelles nel 1939, è entrato nella storia della scienza per aver fondato quella branca della zoologia che lui stesso denominò “criptozoologia”.
Con questo termine, coniato nella seconda metà degli anni cinquanta, lui intendeva indicare quella ricerca sistematica degli animali ancora sconosciuti di cui la scienza ufficiale non teneva conto e presso la quale questa ricerca, non godeva di una buona reputazione.
Tra tutti i casi di debacle assoluta delle cosiddette “certezze scientifiche” Heuvelmans amava citare in particolare la scoperta, avvenuta in Australia nel 1805, di un mammifero simile alla lontra ma con le zampe ed il becco dell’anatra. Poiché inizialmente era giunta alla Società Zoologica di Londra soltanto la pelle di questo animale, tutti pensarono ad uno scherzo dei soliti burloni ed abili falsificatori. Oltretutto seguirono voci, sempre provenienti dall’Australia, secondo cui quel mammifero deponeva le uova ed allattava i piccoli appena usciti dal guscio! Era troppo! Buttata così la cosa, neanche l’evidenza avrebbe potuto far ricredere i custodi della tradizione scientifica su come stavano in realtà le cose. Dovettero passare infatti 67 anni prima che la Scienza riuscisse a trovare la serenità d’animo e la lucidità necessaria per accogliere nel suo seno l’evidenza che l’ornitorinco esiste!
La constatazione che anche un animale impossibile può esistere non basta a demolire i “niet” degli ultra-conservatori.
Nel 1879, ad esempio, fu descritta scientificamente la gazzella di Waller (Litocranius walleri), una gazzella dal collo lungo come quello della giraffa, osservata per la prima volta in Kenia, ma che già gli indigeni chiamavano Gerenuk e che si trova anche raffigurata su graffiti rupestri nella riva orientale del Nilo, risalenti a 4000 anni fa, e su altre rappresentazioni artistiche, tra cui dei bassorilievi scolpiti sotto Ramosis II. Naturalmente prima della scoperta in Kenia le rappresentazioni artistiche di questo animale erano ritenute frutto della solita immaginazione con cui gli antichi egizi avevano costruito un bestiario completamente fantastico.
Agli inizi del ‘900 avvenne un’altra sconvolgente scoperta in un territorio nel nord della Repubblica Democratica del Congo, in una foresta nella regione dell’Ituri l’uomo bianco avvistò per la prima volta quello che le tribù pigmee locali chiamavano da sempre Okapi, cioè un antenato della giraffa ritenuto estinto da 35 milioni di anni (dall’epoca dell’Oligocene) e indicato adesso col nome scientifico di Okapia johnstoni.
La gazzella di Waller si trova anche fedelmente raffigurata nel celebre mosaico del Nilo di Palestrina, di cui ho parlato in un altro post e al quale rimando il lettore. Questo dato confermerebbe il fatto che in epoca tolemaica si sapeva dell’esistenza di animali di cui la scienza moderna ha preso invece conoscenza (e coscienza) solo a partire dal XIX secolo dell’Era Volgare.
Proprio per evitare di cadere in convinzioni sbagliate, o giungere a conclusioni generiche, Heuvelmans invocava, nella ricerca degli animali sconosciuti o arbitrariamente ritenuti estinti, la “padronanza di un metodo d’investigazione minuzioso e paziente. Si tratta di ricorrere “… a tutte le risorse delle scienze zoologiche, ma anche a quelle di molte branche diverse della conoscenza, come la mitologia, la linguistica, la semantica, l’archeologia e la storia” per capire se un dato animale è esistito in epoche storiche note o se esiste ancora adesso.
A questo scopo Heuvelmans preparò nel 1985 una “lista di riferimento” in cui stilò un elenco “degli animali apparentemente sconosciuti che interessano la criptozoologia”, da sottoporre per questo ai criteri d’indagine su esposti.
Questa lista comprende 125 animali, cinquanta d’acqua e settantacinque di terra. Tra gli animali acquatici Heuvelmans segnalava “Tre o quattro cetacei” che “derivano senza dubbio dal sotto-ordine, che si presume estinto, degli Archeoceti” e poi “una mezza dozzina di rettili” che “potrebbero appartenere a dei gruppi ritenuti fossili, come i dinosauri, i plesiosauri e i mosasauri”.
Seguendo le sue indicazioni possiamo anche andare a caccia di dinosauri, plesiosauri e mosasauri, cominciando, come lui stesso ci consiglia, col prendere in esame le testimonianze documentali ed i reperti archeologici antichi poiché, per quanto abbiamo detto, nulla può portarci ad escludere che i plesiosauri, ritenuti estinti anch’essi da 65 milioni di anni, siano in realtà ancora vivi.
In epoca tolemaica si sapeva dell’esistenza di animali di cui la scienza moderna ha preso invece conoscenza (e coscienza) solo a partire dal XIX secolo dell’Era Volgare.
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